Principe sei, anche dei musicologi?
(luglio 2016 CORR 20-7)
Nel corso del mio lavoro per i due libri su 108 persone nel mondo della lirica, accanto a cantanti o direttori d’orchestra, ho incontrato musicologi, storici della musica, biografi di cantanti, e da alcuni ho avuto un aiuto; per il primo libro ricordo Giancarlo Landini (per Corelli), Carla Maria Casanova (per Tebaldi), Vincenzo Quattrocchi (per Olivero), Maurizio Righetti (Cobelli); per questo libro Jacques Hanine Roussell (Viorica Cortez), ancora Righetti (Cuénod), Giorgio Gualerzi, forse il più noto, e anche da me intervistato, ma è poi mancata la revisione dell’intervista. In questa sezione appare il musicologo Quirino Principe, capace di spaziare in più discipline ed approfondire a livelli inusuali, anche per la vastità dei suoi studi e le sue conoscenze linguistiche.
Conoscevo Quirino di nome, ma avevo letto poco di lui. L’idea di incontrarlo è nata dall’ammirazione di chi lo aveva ascoltato in conferenze, dal vedere suoi libri nella biblioteca del soprano Franca Fabbri, e dal leggere un suo recente libro sui rapporti fra musica e pittura.
Una sera gli telefono e lui accetta un incontro, diverranno vari incontri, necessari visto l’approfondimento con cui Quirino affronta un tema. Al telefono mi sintetizza alcune sue idee sui misteri dell’esistente, con riferimento al luminosissimo e gloriosissimo Lucifero. Riferimento che a me piace, Lucifero avendomi affascinato sin da ragazzo come entità misteriosa. Oggi lo interpreterei in termini astronomici, come l’oggetto principale che nel 6910 AC, data proveniente dalla dettagliata cronologia mesoamericana salvata da Ixtilhochitl, fu espulso caldissimo e luminosissimo da Giove. Evento dovuto all’impatto su Giove, nel punto dove oggi si vede la Macchia Rossa, con un oggetto o divinità con vari nomi nelle antiche teogonie: Metis (greci), Tiamat (babilonesi), Vritra (India vedica), Ahriman (persiani), Pachacamac (incas) etc. Tema sviluppato in un mio articolo, in rivista di scienza spaziale della Università di Kazan. Kazan, città dove nacque Fodor Chaliapin, uno dei quattro cui è dedicato questo libro, e dove si svolge il primo atto del mio libretto d’opera La Tunguska misteriosa.
Prima di entrare negli argomenti discussi con Quirino, do di lui una breve presentazione da internet. Generalmente uso internet al termine del capitolo. Ma per Quirino, ai vertici culturali fra le duecento persone da me incontrate, ho preferito partire da una presentazione acquisita e poi discutere questioni speciali viste da lui.
Quirino è nato a Gorizia nel 1935. Ha avuto una carriera di insegnante in varie strutture e varie discipline, musicologia al Conservatorio di Milano, storia della musica all’università di Trieste e filosofia della musica all’università di Roma. Studioso anche di letteratura, in particolare germanica, ha curato l’edizione italiana del Signore degli Anelli, di Tolkien (su cui aveva lavorato Vittoria Alliata, cugina di Topazia Alliata, figlia del soprano Sonia Ortuzar, da lei presentata per il mio primo 108). È considerato il maggiore studioso di Mahler, su cui ha scritto una monografia fondamentale. Si è occupato anche di regia ed è stato attore.
Suo compositore prediletto è Robert Schumann, la cui musica… assomiglia al profumo dei tigli di una certa via di Gorizia dove abitava una tale di cui ero innamorato… posso dire che io sono una microscopica parte dell’archetipo umano di cui quell’uomo è stata la più alta realizzazione. L’ultimo suo libro, di cui me ne regala una copia, è una raccolta di articoli apparsi su Classic Voice, dove vedo il suo apprezzamento di Janáček, artista dalla straordinaria energia, in particolare nella Messa glagolitica. Janáček è un autore che conosco quasi solo il nome, e che vedrò di scoprire seguendo Quirino. Notevole l’analisi linguistica del termine glagolitico, basata sulle vaste conoscenze linguistiche di Quirino, in particolare per le lingue centro europee.
In Wikipedia sono elencate una dozzina di monografie di Quirino, non solo a soggetto musicale, oltre che testi teatrali e libretti d’opera.
Altre informazioni sono in un sito biografico della casa editrice Jaca Book, di orientamento cattolico non tradizionale. La Jaka Book pubblicò nei suoi primi anni molti libri sull’Africa di Hosea Jaffe. Libri da me letti, incontrando poi Jaffe in Inghilterra, dove mi ospitò, e al Centro Camuno di Studi Preistorici, diretto da Emanuele Anati, dove organizzai un evento associato al mio convegno del 2001 su Cinquant’anni dopo Mondi in Collisione di Velikovsky. Nel sito Quirino appare laureato in filosofia all’ Università di Padova, ed agli inizi professore al Liceo Manzoni di Milano, da me frequentato. Qui fu collega di due miei insegnanti, don Giovanni Barbareschi, di religione, e Antonio Nannini, di italiano e latino, che ci faceva imparare a memoria tutta la Divina Commedia (ora dimenticata… e da rileggere); aveva una grande biblioteca privata di libri antichi.
Fra i lavori di Quirino, la traduzione integrale delle 200 cantate sacre di Johannes Sebastian Bach, traduzioni dal francese di opere di Théophile Gautier (di cui ho letto vari libri su viaggi, nonché uno altamente erotico) e di Jean Guitton (filosofo morto senza superare i cento anni, come sperava sull’esempio di padre e nonno … autore di due dei più bei libri a soggetto religioso da me letti, Poteri misteriosi della fede e l’intervista con Francesca Pini). Dal 2006 Quirino è membro dell’ Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma e nel 2010 è stato nominato Cavaliere della Repubblica Italiana.
Nel sito del CIDIM, Comitato Nazionale Italiano di Musica, appare una sintesi dei suoi libri. Fra questi cito Musica, da me letto, ricco di fotografie di quadri ed altre immagini, sapientemente associate a significati o relazioni musicali.
Bella l’ intervista del 2013 con Gabriella Bologna, fatta a Verona all’ Accademia per l’Opera Italiana, dove Quirino era docente. Prima domanda quando cominciò a studiare i rapporti fra musica ed arti figurative. Risposta, citando non verbatim: da sempre, avendo intuito un rapporto di stato d’animo tra pittura e musica… dalla pittura impressionista… risalii alle liriche di Fauré e Debussy… anni dopo dalla lettura degli scritti di Marius Schneider mi immersi in questi argomenti e non ne uscii più. Dice di avere collaborato a lungo, sino ai recenti tagli alla cultura, con la Fondazione Longhi sui rapporti misteriosi esistenti tra le arti, con particolare riferimento a temi musicali. Accenna poi alle miniature medioevali ed al loro rapporto con la grande poesia dei secoli XII, XIII, XIV, che è quella che più ama, comprendendo Dante Alighieri. Accenna a interpretazioni di passi di Dante, in un senso erotico di solito taciuto (anche se il Boccaccio, nella sua Vita di Dante, lo definisce taciturno, sempre intento a leggere, grande memoria, irritabile e molto lussurioso). Ritiene che Dante non fosse un cristiano ortodosso, ma un eretico cataro (di una variante lussuriosa?). Sul teatro d’opera, dice che tutte le arti ed i talenti relativi appaiono in questo straordinario specchio, l’opera, posseduto solo dall’occidente. Massimo risultato si ha quando sia un unico artista l’autore del testo, della musica, delle scene, dei costumi, e sia lui il regista. Un caso realizzato quasi completamente in Wagner. Wagner come persona viene giudicato assai male, come cattivo marito, pessimo amante, padre insopportabile, egocentrico, egoista… ma è espressione di grande genialità. Di Wagner parla in relazione ad una mostra a Venezia a Palazzo Fortuny.
Tre sono stati gli incontri miei con Quirino, nella sua casa di Milano in zona Piazza Napoli, dove abitavano miei compagni del liceo e professori. Un appartamento pieno di libri, anche antichi, con un pianoforte verticale. Quirino è uomo di grande signorilità e finezza, impegnato nella cura della moglie con gravi problemi di salute. Ha un figlio professore di pianoforte al conservatorio di Novara, ed una figlia impegnata in attività teatrali e televisive per Sky Arte. Quirino mi ricorda alcuni professori di un tempo, per l’amore per lo studio ed il rigore delle conoscenze.
Il primo incontro avviene il 12 febbraio 2016, gli altri due fra giugno e luglio, intervallo dovuto a problemi vari di entrambi.
Quirino dice di essere goriziano da parte materna, con padre e nonno, questo di nome Quirino, medici. A 14 anni perde la madre. Del padre conserva libri di medicina, avendone donati molti anche del nonno all’ ospedale San Paolo, dove è stato più volte operato. Fra i libri del nonno quelli del chirurgo Theodor Billroth, nato nel 1829 in Germania e morto ad Abbazia nel 1894, noto per la grande tecnica, che lo portò a fare per la prima volta certi interventi. Era anche virtuoso di pianoforte, violino e violoncello, e amico di Brahms, di cui fece la prima esecuzione, in privato, del concerto per violino. Brahms gli dedicò i due quartetti ad arco op. 51. Amava anche l’opera e presenziò alla prima dell’ Otello di Verdi, alla Scala, nel 1887. Esiste una biografia scritta dal suo allievo Luigi Capitanio, medico cui è dedicata una clinica a Milano.
Quirino dice che nella musica di Brahms si sente la mancanza della donna. Brahms mai ha avuto una vera esperienza dell’amore, accontentandosi di quanto offrivano i bordelli. Alla morte di Schumann, Brahms avrebbe voluto sposare Clara, che rifiutò, essendo impegnata per allevare i numerosi figli e per diffondere la fama del marito. Brahms si innamorò della figlia Julie di Clara, con cui c’erano 13 anni di differenza, e che aveva visto crescere; andò in carrozza a cercarla, ma Clara gli disse che Julie si sarebbe fidanzata il giorno dopo, osservando che fino a ieri saresti stato in tempo. Julie sposò il torinese marchese Vittorio Amedeo Radicati di Passerano (io ho lavorato con un matematico Radicati di Brozolo…), che la portò nel suo castello piemontese di Passerano Marmorito. Julie, la più bella delle figlie di Schumann, morì di parto dopo tre anni di matrimonio, a 27 anni.
Quirino ricorda un altro episodio sulla vita mancata di Brahms con le donne. Iniziato il lavoro in un educandato, cominciò a scrivere lieder importanti e a dare lezioni alla contessina Agathe von Siebold. Innamorati, passava il tempo con lei in lunghe discussioni, alla sua richiesta di un bacio rispondendo non ci riesco. Agathe ha lasciato un ricordo nella musica brahmsiana, in particolare nei sestetti, dove è associata a varie lettere, A,B… Quirino mi fa una analisi tecnica, al di là di questo libro, sulla ricchezza degli accordi brahmsiani, molto pieni; al pianoforte me ne fa sentire uno; discute poi l’uso, già nel Mefistofele di Liszt, dell’intervallo cosiddetto tritono, proibito dalla chiesa. A una mia domanda, parla del valore dell’opera di Agostino sulla musica, ricca di corretti riferimenti tecnici. De musica di Agostino, a quando leggerò? Conferma quanto Arthur Rubinstein scrive nelle sue memorie, dove dice che Brahms era il suo autore preferito, in quanto il pianoforte di Brahms è come un’orchestra; Quirino cita in particolare le tre sonate, definendole tre concerti. Ribadisce ancora che nella musica di Brahms si sente la nostalgia di una femminilità perduta. Viktor Widmann, nella sua biografia di Brahms del 1898, racconta che a Vienna una donna chiese a Brahms se fosse sposato, lui rispose no, grazie a Dio.
Passiamo ora agli inizi di Quirino nel vasto e, direi io, tuttora misterioso mondo della musica. Ricorda che da bambino ricordava e canticchiava tutte le melodie. In casa non c’era pianoforte, lo scoprì più avanti in circostanze inusuali. Parla delle radici della sua famiglia, concentrato di nazionalità ed esperienze europee. Parte dal re Carlo X di Francia, che nel 1830, dopo essere stato cacciato, andò in Austria dall’imperatore Ferdinando I, sistemandosi poi a Gorizia, considerata la Nizza austriaca per il suo clima mite. A Gorizia fu ospite del conte Cronberg, nella foresteria di quello che è ora il Palazzo Coronini Cronberg. Nel suo seguito erano il barbiere ed il medico personale. L’ex re continuò la sua attività reale concedendo titoli nobiliari, fra i quali quello di Visconte al suo medico personale. Questo medico è avo di Quirino, essendone il quisquisnonno (io ricordo un Luigi bisnonno, un Federico trisnonno, un Galdino quadrisnonno arruolato da Napoleone… stando a ricordi di una prozia che era nata nel 1875, molto orgogliosa specialmente di uno zio Biagio, cuoco dei conti Calderari).
Dal quinquisnonno medico discendono medici, e anche appassionati di musica, sia classica che jazz. Quirino ricorda un cugino della madre, Alberto Semprini, agli inizi del jazz in Italia. Di Semprini, Quirino ricorda la casa con due pianoforti, molti spartiti e libri di musica. Pianoforte di famiglia era un Bechstein, e di tale marca erano i due pianoforti a coda della mia insegnante di pianoforte.
Durante la guerra la famiglia di Quirino dovette lasciare Gorizia per un paesino della pianura friulana, Medea, di un migliaio di abitanti, ai piedi di un colle isolato nella pianura su cui stava un castello; il nome Medea pare non avere relazione con la maga amante e poi abbandonata da Giasone, ma sia di origine slovena. Si sistemarono in una casa di contadini. A Medea Quirino fece le scuole elementari, saltando varie classi in quanto già preparato; a 7 anni era in quarta. Ricorda che trovava i compagni, di lui maggiori di età, piuttosto bullisti, anche le ragazze. Ricorda il maestro di nobili origini, marchese, conoscitore di molte lingue, astronomo, organizzatore di spettacoli, dotato di barba. Anni dopo Quirino è tornato a Medea ritrovando vari compagni. Ricorda che si mangiava molta polenta. Il grande basso Bonaldo Giaiotti, presente nel primo 108, viene da una famiglia di contadini friulani che produceva molto mais.
Dopo il processo a Ciano, Hitler controllava la Repubblica di Salò. Ricordo che in questa le forze armate erano comandate dal generale Rodolfo Graziani, noto per avere sterminato una metà dei libici nella repressione del loro movimento per l’indipendenza, e che poi nella guerra d’ Etiopia ne bombardò i conventi ricchi di biblioteche; recentemente onorato con un mausoleo nella sua terra natale. Hitler annesse alla Germania i territori di Bolzano, Trento, Belluno, Fiume, Pola… e la scuola passò all’insegnamento in tedesco. Nella scuola dove stava Quirino con il padre arrivò un reparto di SS, anni 44 e 45. Il padre dirigeva un ospedale militare, dove più volte curò partigiani, di cui era iniziata l’attività, provenienti in particolare dalla Yugoslavia.
Quirino, avanti di tre anni negli studi, preparava l’esame di terza media nella scuola occupata. Si dilettandosi con il gioco di Monopoli prima da solo e poi con ufficiali delle SS; imparava intanto bene il tedesco, cominciando dalle parolacce (nelle quali invero si ritrova l’etimo inatteso di molte parole e frasi comuni). Il tedesco è una delle lingue che Quirino conosce molto bene, introduzione alla letteratura e musica tedesca in cui è maestro.
Un giorno arrivò un cassone con un pianoforte verticale, ordinato dal colonnello comandante. Quirino aveva memorizzato varie melodie, come Recondita armonia… le suonò sul pianoforte, attirando l’attenzione del colonello; questi gli diede le prime lezioni di pianoforte.
Ricorda che nel tempo del liceo a Gorizia sentì conferenze del giovane Giovanni Barbareschi, spostato dal seminario di Milano a quello di Gorizia in quanto leggeva i libri allora proibiti di Dostojevsky. Don Giovanni aveva grande presa sull’uditorio in piazza Vittoria, sotto la chiesa di Sant’Ignazio, ne ricorda discorsi sulla Russia. Anni dopo Quirino era professore di italiano e latino a Milano al liceo Manzoni, ed ebbe don Giovanni Barbareschi come collega, in qualità di professore di religione; era il 68 e fra i due ci furono contrasti nella valutazione del momento storico. Don Giovanni, età 94 anni al momento di scrivere queste righe, era stato mio professore di religione dal 1961 al 1964, oltre che capo raggio nei miei anni di ginnasio. Don Giovanni vive a Milano in via Statuto, dove si teneva il raggio (un’ora di meditazione e discussione), ed è noto per avere salvato ebrei portandoli di notte in Svizzera passando sopra il passo dello Spluga. Alcuni ebrei gli furono portati da Pino Lella, cugino del soprano Licia Albanese, il quale, grazie a Don Luigi Re, fondatore della Casa Alpina di Motta, prima dello Spluga, gli aveva procurato il ruolo di autista dell’auto di… Albert Speer, numero due della Germania nazista.
Se scriverò un secondo libretto d’opera, sarà su questi eventi, in cui sono state coinvolte altre persone da me conosciute.
Il secondo incontro con Quirino avviene il 27 giugno 2016. Chiedo ancora del liceo Manzoni, ricorda dei miei insegnanti Antonio Nannini, che faceva imparare a memoria la Divina Commedia, e che ricorda come gentiluomo; e il professore d’arte Mario Monteverdi, con cui aveva litigato, e che io ricordo per le provocanti domande su temi religiosi, lui che scriveva su L’Unità.
Quirino dice di avere iniziato gli studi musicali da ragazzo, negli anni 1941 e 1942, quando il padre, capitano medico in Croazia, gli fece studiare la fisarmonica, strumento importante nell’ Europa balcanica, interrompendo presto lo studio per problemi alla spina dorsale. Dal 1942 al 1943 furono sfollati, come detto, nel paese di Medea; Quirino ricorda che perdettero l’amato cane.
Al suo interesse per la musicologia, dove entra da autodidatta, contribuì la lettura dei libri di Massimo Mila, noto per l’attività nella resistenza, e come scalatore. Mila scrisse libri sulla montagna, e fu presidente nazionale del CAI (dove io non scalatore sono membro emerito della commissione geografica Nangeroni, per i miei lavori su montagne associate ad antichi viaggiatori, come Gilgamesh). Quirino si dice non interessato al partito comunista di Mila, troppo burocratico, come non è vicino alla chiesa cattolica, anzi ne è fiero oppositore, per altri motivi.
A soli 16 anni, nel 1951, si iscrive all’ Università di Padova. Si attiva in organizzazioni varie, alcune non più esistenti riferite a tradizioni arcaiche, con personaggi quali il Tribuno, il Califfo… ricorda che alla festa delle matricole gli studenti cantavano in latino il coro Gaudeamus, originato nell’Università di Padova, presente nella sua linea melodica anche in Brahms. Aveva compagni provenienti sia dalla resistenza che dalla Repubblica di Salò, ricorda alcuni:
- Pierluigi Petrobelli dei conti Pietrobelli Anselmi a Prato della Valle, poi importante musicologo a Londra e a Yale
- Franco Fayenz, esperto di jazz, conosceva Coleman, Ellington, e aveva una collezione vastissima di dischi
- Claudio Scimone, poi direttore dei Solisti Veneti, di famiglia ebrea ricca e potente, che in piena guerra invitava ufficiali tedeschi. Fu la sua famiglia a salvare Concetto Marchesi, nascosto in cantina per oltre un anno. Lo ricorda persona capricciosa, gli portava spartiti da suonare sull’harmonium della chiesa.
All’università Quirino approfondì il suo interesse per la musica e la musicologia. Organizzò seminari sulle lettere di Brahms. Organizzò concerti, a Palazzo Giganti dei Da Carrara, anche su programmi allora inusuali, come i lieder. Gli nacque la passione per le questioni difficili, alimentata dalla lettura di libri rari e in latino medioevale (è competente in paleografia e padroneggia le varie scritture medioevali; ricordo da che il sanscrito era scritto in tanti modi quante le province dell’India, lo dice Daniélou). Fa una breve analisi dei periodi di convergenza di varie civiltà, gli Axenzeiten, citando il quinto secolo avanti Cristo e il secondo dopo Cristo, tempo dei grandi imperatori Antonino, Marco Aurelio… con contatti fra Roma e la Cina. Giudica il tempo odierno il peggiore.
Ha pubblicato su Fiera Letteraria i suoi primi articoli, di carattere divulgativo. Ultimo libro Musica, eco di Lucifero, pubblicato da Classic Voice, raccolta di precedenti articoli e studi. Sta ora scrivendo il terzo volume, su Tristano e Isotta, della sua serie wagneriana pubblicata da Jaca Book. Fra i lavori in programma uno riferito a sestine del dimenticato poeta del dodicesimo secolo, tempo dell’amore cortese, Armand Daniel. Scrivere con tali sestine è difficile, Dante ne ha una sola bella, Petrarca ne tentò due, lui ne ha scritte sei.
L’opera intellettuale di Quirino spazia in almeno tre campi, musica, arti visive e filosofia. Definisce la musica come energia cosmica, come sacralità della natura, come Lucifero, nel divampare dell’energia ed origine dell’universo. Apprezza ogni tipo di musica, in quanto esprimente diversi livelli di energia cosmica. E qui non posso non ricordare il grande Alain Daniélou, soprattutto per la scoperta della musica indiana ed araba…. Ed anche don Luigi Giussani, il cui avvio verso una strada religiosa carismatica è partito quando a quindici anni ascoltò, al liceo dove il professore di arte, rara aves, parlava anche di musica e la faceva ascoltare, l’aria Spirto gentil della Favorita di Donizetti, cantata da Tito Schipa, che gli produsse una estasi profonda.
Lasciando al lettore il compito di approfondire gli aspetti filosofici ed artistici di Quirino, concludo con alcune domande sulle sue preferenze nel campo musicale e della lirica in particolare.
Alla domanda sui direttori più da lui apprezzati, afferma che non si può parlare di qualcuno come il più grande. Stessa affermazione è del pianista Arthur Rubinstein in una intervista in un DVD dove a 87 anni suona magistralmente i concerti di Grieg, Saint Saens, il primo di Brahms, il secondo di Chopin, il terzo di Beethoven; ciascuno per Arthur va considerato grande se esprime il massimo del suo approccio interpretativo. Quirino apprezza Francesco D’Avalos, era anche compositore, discendente da un Mario D’Avalos, ucciso per gelosia da Carlo Gesualdo di Venosa. Una storia drammatica di secoli fa, che trasmette al discendente un pathos, un incantesimo speciale, in particolare nelle esecuzioni di Martucci; D’Avalos è morto nel 2014, qualche mese prima Quirino aveva partecipato alla presentazione della sua autobiografia al Conservatorio di San Pietro a Majella a Napoli.
Sui pianisti, Quirino cita il cecoslovacco Rudolf Firkusnye il polacco Adam Harassiewicz. Ricorda che quando studiava a Padova, nell’anno di una sua storia con una compagna che non riusciva a lasciare il fidanzato…, organizzò un festival pianistico con la partecipazione di Paul Badura Skoda (lo incontrai a Vilnius nel mio primo viaggio in Russia, 1979; aveva suonato Variazioni di Mozart, e ci nell’ albergo eravamo gli unici ospiti; mi ha lasciato una dedica sullo spartito dei Quadri di un’esposizione), Clara Haskil, Robert Casadesus, e Alfred Cortot. Cortot novantenne aveva qualche problema di tecnica, ma le sue note anche se non pulite introducevano ad un universo magico. Avevano tentato senza successo di avere anche Backhaus e Gieseking, i due pianisti che la mia insegnante di pianoforte giudicava i migliori. Apprezza Ivo Pogorelich, che è per lui ingiustamente criticato. La nipote ventitreenne ammira Maria Judina, la pianista ebrea convertita all’ortodossia, il cui Mozart K488 fu trovato sul giradischi di Stalin, nella dacia dove lui morì (tacendo di altre teorie).
Fra i cantanti donne apprezza l’austriaca Angelika Kirschlager, grande nei difficili lieder di Schumann. Ricorda Elizabeth Schwartzkopf, Kathleen Ferrier, Jessy Norman dalla forza luciferina, e Grace Bumbry, presente nel primo 108, dalle mosse feline nella danza dei sette veli della Salomè.
Fra i cantanti uomini, oltre al basso baritono Hans Otter, ricorda, sempre per i lieder, Dietrich Fiescher Diskau e Ian Bostridge, tenore e studioso anche della stregoneria europea nei secoli passati, da un nuovo punto di vista. Interprete dei lieder di Schubert, ha anche scritto una monografia sul Winterreise.
Confesso a Quirino che, io giunto a non più giovane età, ho ancora da provare il fascino della musica di Wagner, e ricordo come Shostakovitch aveva lo stesso problema risolto ascoltando non stop per nove volte il Lohengrin. Dice di avere avuto anche lui un simile problema con Wagner, di cui ora ama molto l’Amico Fritz. Dice che per Wagner è importante immergersi nella lingua e letteratura tedesca (Novalis, Rielke, Hesse, Mann…), avere avuto forti tentazioni mistiche e religiose ed esserne usciti dopo averne riscontrato l’inganno. Allora si aprirà la quasi estasi del Parsifal.
La sua scoperta di Wagner risale a quando verso il 1944 il padre gli regalò un libro per ragazzi trovato in un negozietto, con racconti sulle storie in Wagner, scritti da Lydia Capece, autrice di vari libri con storie per ragazzi. In internet appare con il cognome Capece Minutolo; è una parente lontana della principessa Irma Capece Minutolo, in questo libro, come la principessa mi conferma al telefono, portandomi poi su una lunga digressione. Quirino ricorda che il padre comperava il Radiocorriere, allora una rivista con articoli seri, che ora si trovano a volte in Film Tivù. Alla radio ascoltava i concerti Martini Rossi. La città di Gorizia organizzava eventi musicali sul tipo di questi concerti. Qui per la prima volta ascoltò Mozart nelle Nozze di Figaro, dove cantava un soprano dalla voce meravigliosamente aurea, ma di una rara obesità. A Gorizia arrivò, era la fine del 1946, in sostituzione della straordinaria e bellissima Clara Petrella, Maria Callas, allora alquanto corposa, e, secondo molti, vedasi in questo libro Tino Panzeri, dotata allora di voce più bella. Da allora Quirino seguì la carriera della Callas e la sua storia con Meneghini ed altri; ricorda l’episodio a me ignoto del critico musical Beniamino Dal Fabbro, autore di libri fra cui Crepuscolo del pianoforte, considerato essere un Porta sfortuna. Tale critico usava incrociare la coppia Meneghini e Callas in via Monte Napoleone a Milano, dicendo un Buona sera, al che Maria usualmente sveniva, pur avendosi fatto il segno della croce al vederlo. Intervenne Di Stefano perché il Buona sera non venisse detto al loro incrociarsi, Dal Fabbro accettò, ma lo disse volgendosi indietro dopo averli passati.
Cosa dirà Dal Fabbro se incrocerà la Callas nel mondo di Lucifero?
Nell’ultimo incontro con Quirino gli ho fatto vedere quattro telegrammi che Wagner ricevette quando era in Sicilia, Hotel des Palmes, per cure, o a Venezia, di cui sono entrato in possesso casualmente. Ne ho regalato uno a lui, esperto numero uno di Wagner in Italia e forse nel mondo. Nel seguito la riproduzione del telegramma che Luigi Mancinelli, compositore e direttore, gli inviò nel 1882.