GRANDI NUMERI IN ASIA, NELLE CRONOLOGIE E NELLE LUNGHEZZE: UNA DECRITTAZIONE

Emilio Spedicato

Università di Bergamo, Italy        

Release 4, Luglio 2015

Sintesi

In testi e tradizioni antiche si trovano numeri molto grandi riferiti a tempi o dimensioni. Questi numeri sembrano impossibili, e sono di solito considerati artefatti letterari o aventi solo valore simbolico. Fra tali numeri, consideriamo quelli che appaiono in Asia. Proponiamo che siano stati ottenuti da valori autentici moltiplicati per 180, un fattore di origine astronomica. Una volta corretti secondo tale fattore, diventano accettabili e in essenziale accordo con i valori ottenuti in altro modo. Consideriamo grandi numeri di tipo cronologico provenienti da Mesopotamia, Giappone, Nepal, Ceylon, Tibet, Egitto, e in particolare gli Yuga indiani, forse associabili alle date più antiche a memoria di uomo. Infine consideriamo alcuni grandi numeri relativi a lunghezze.

1. Introduzione

In molte fonti antiche si trovano datazioni di eventi, comprese le lunghezze di periodi temporali chiamati “età” o “Soli”, con valori in anni anche di centinaia di migliaia o milioni. Similmente si trovano valori di grandezze geometriche certamente eccessivi. Numeri così grandi sembrano inaccettabili. Portano infatti a volte a tempi antecedenti l’ olocene, o addirittura l’ arrivo dell’ homo sapiens, stimato a circa 150.000-200.000 anni fa, via analisi di materiale genetico e proteinico, con le tecniche sviluppate in gran parte dalla scuola di Stanford-Pavia diretta da Luigi Cavalli Sforza. Alcuni numeri comprendono varie ere glaciali, e pare impossibile che la memoria umana possa riferirsi a tali vasti intervalli. Quindi nel considerali gli studiosi hanno adottato le seguenti posizioni:

–         sono prodotto di fantasia

–         non sono espressi in anni ma in altre unità.

Osserviamo che il problema non si risolve usando i mesi al posto degli anni, come molti hanno proposto per  ridurre i 9000 anni passati dal tempo di Atlantide secondo Platone. In tal caso si avrebbero 800 anni, ma si ignorerebbe l’ affermazione del sacerdote egizio secondo cui la distruzione di Atlantide accadde molto prima del diluvio di Deucalione, databile a circa il 1500 AC. Similmente ridurre le età dei patriarchi assumendo che siano date in mesi e non in anni porta al problema della età alla nascita del primo figlio, che verrebbe spesso calcolata in meno di dieci anni.

In questo articolo ridurremo i grandi numeri asiatici utilizzando una trasformazione che risulta la stesso in Mesopotamia, Giappone, India, Ceylon, Tibet e Nepal, valida sia per i tempi che le lunghezze.  In un precedente lavoro, Spedicato (2011), avevamo considerato solo numeri di tipo cronologico, quelli relativi a lunghezze sono emersi successivamente. I numeri qui considerati sono certo solo una parte di quelli rintracciabili, la cui decrittazione darebbe un importante contributo alla comprensione degli eventi antichi.

Per quanto riguarda i grandi numeri cronologici, consideriamo in particolare le seguenti fonti:

A – la storia babilonese di Beroso, sacerdote a Babilonia al tempo di Alessandro Magno, nei frammenti in Solino (anche detto Alessandro Polyhistor) e Sincello; questi numeri sono stati riscoperti nella biblioteca di Nippur e pubblicati nel 1906. Consideriamo poi un  grande numero riferito ai Caldei che si trova in Diodoro Siculo ed uno riferito ad Ipparco

B –  il libro giapponese, detto Nihonji , sulla storia degli imperatori giapponesi, dal loro inizio verso il 600 AC a circa il 600 A.D.

C – la tradizione nepalese sulle loro origini, riportata da Alexandra David Néel

D­ – gli annali singalesi iniziati verso il 500 AC, dopo la conquista dello Sri Lanka da parte di conquistatori singalesi provenienti dall’ India nord-ovest

E – gli antichi testi indiani sulla durata delle quattro età, dette Yuga; queste appaiono in almeno due versioni, forse collegabili da un altro fattore di natura astronomica

F – ulteriori fonti sumeriche, extrabibliche e di origine induistica relative anche a misure geografiche o di altro tipo.

La lista di sopra estende quanto pubblicato in Spedicato (2011) con nuovi casi di cronologie e con quelli sulle lunghezze prima mancanti. Riteniamo che esistano altri grandi numeri. Potrebbero rintracciarsi ad esempio nell’ epica di Manas di 6 milioni di versi, ancora solo in parte pubblicata e tradotta dal kirghiso. O nei testi storici popolari indiani detti Purañas, pari a circa due milioni di strofe (shloka), la maggior parte non ancora trascritti dalla versione orale.

2. La lista di Beroso  dei dieci re antediluviani e i dieci patriarchi biblici

In Beroso, vedasi un frammento in Solino,  Collectanea rerum memorabilium,  in Del Rio (1645), e in Sincello, Chronological Excerpts, si afferma che, prima del Diluvio, dieci re vissero in Babilonia per un totale di 432.000 anni. Grande numero che segue dall’ affermazione che erano trascorsi 120 intervalli temporali, chiamati saros,  ciascuno della durata di 3600 anni. Il Diluvio cui si fa riferimento è certamente quello biblico in cui sopravvive Noè; nelle corrispondenti storie sumeriche-accadiche, vedasi in particolare l’ epica di Gilgamesh, i sopravvissuti sono Ziusudra nella versione sumerica, Utnapishtim in quella accadica. Altri sopravvissuti appaiono in documenti iraniani (Avesta) e indiani (Upanishad, Purañas), e altrove, esistendo oltre 600 tradizioni su un diluvio universale, anche se non necessariamente quello noachide (la prima e l’ultima delle tre catastrofi platoniche, che non si riferiscono al diluvio biblico, implicano anch’esse un evento diluviale). Va ricordato che secondo il Talmud molte arche furono costruite, in previsione del diluvio. La maggior parte fu distrutta nell’ evento, ma più di una sopravvisse; vedasi Immanuel Velikovsky, In the beginning, nel sito creato da Jan Sammer. Secondo Genesi,  dieci patriarchi vissero nel periodo fra la “creazione” dell’ uomo sino al Diluvio. Il tempo totale della loro vita può essere calcolato dai dati nella versione biblica Septuaginta, da preferirsi alla Masoretica per ragioni che qui non discutiamo. Il totale è di anni 2077 sino all’ arrivo del Diluvio, o di 2427 sino alla morte di Noè, vedi Appendice. Questo numero è vicino agli anni che secondo l’ Atrahasis passano dalla creazione al Diluvio, vedasi Bottero e Kramer (1992), anni inferiori a 2400, in quanto somma di due numeri entrambi inferiori a 1200. Il primo di questi due numeri si riferisce a un episodio avvenuto  meno di 1200 anni dopo la “creazione” dell’uomo. Allora gli abitanti del Kharsag, nome sumerico del Giardino dell’ Eden biblico, vedasi Spedicato (2003), furono colpiti, e con loro gli animali,  da una epidemia seguita da un peggioramento climatico. Poi ancora meno di 1200 anni passarono sino al grande Diluvio. Osserviamo che la recente scoperta del cratere sottomarino detto Burckle nell’ oceano indiano, a est del Madagascar, una struttura di circa trenta km di diametro e datata, anche se è una stima grossolana ed altre esistono,  al 4400 AC, individua un evento catastrofico correlabile temporalmente con l’ epidemia e il peggioramento climatico descritti nell’ Atrahasis. Si noti infine che i dati di Beroso sui re antidiluviani  sono stati confermati  in tavolette della biblioteca di Nippur; la pubblicazione è del 1906, vedasi Jacobsen (1938) o Walton (1981).

I patriarchi biblici e i re mesopotamici non sono le stesse persone, differendo fra l’altro nelle durate dei loro regni. Quindi le due liste generano stime diverse del tempo passato fra la “creazione”  e il Diluvio. Il numero 432.000 è dichiarato essere il prodotto di una grande unità di tempo, il saros, valore 3600 anni, moltiplicata per 120; l’ errore associabile è  fino a 180 anni, metà del valore del saros. In un lavoro dedicato ai grandi e piccoli saros, Spedicato (2004), è proposto che il grande saros mascheri il valore reale del piccolo saros, noto solo agli iniziati, per dare al popolo un numero celebrante la lunga durata della storia di Babilonia. Proponevamo  che il valore vero corrispondesse al più piccolo  saros lunare, ovvero al periodo fra due successive eclissi lunari osservate da uno stesso meridiano. Tale numero vale ora circa 18.6 anni. Nel passato era forse diverso, considerando la recente scoperta dai petroglifi della Val Camonica che la luna si muoveva più vicina alla terra nel quarto millennio AC, implicando un anno di 13 mesi. Da qui l’ipotesi che l’ unità temporale utilizzata fosse di anni venti. Allora il valore vero della durata delle dinastie in Beroso si otterrebbe dividendo 432.000 per 180, rapporto fra 3600 e 20. Si ottiene 2400, un valore assai simile a quello biblico e sumerico-accadico per il tempo passato fra la “creazione”  e il Diluvio.

Da quanto sopra proponiamo che 180 sia il  fattore segreto che decritta il grande numero di Babilonia, e per estensione gli altri grandi numeri qui considerati. Notiamo che 180 è anche il numero dei giorni fra successivi equinozi o solstizi  per un anno di 360 giorni; e ci sono argomenti, qui non sviluppati, che prima del Diluvio l’anno avesse 360 giorni. Notiamo anche che una completa inversione dell’ asse di rotazione terrestre, ovvero di 180 gradi misurabile dallo spostamento osservato delle stelle, darebbe ulteriore importanza al 180. Inversioni dell’asse di rotazione  spiegherebbero l’ affermazione in Erodoto e Pomponio Mela sullo scambio tre volte a memoria degli Egizi della posizione in cui il sole sorge e tramonta. Una inversione spiegherebbe anche come Noè, dopo il diluvio,  venisse arrivare non l’ estate, ma l’inverno, pur essendo il diluvio arrivato un 17 di Nissan, inizio di aprile. E solo uno spostamento di 180 gradi eviterebbe la rilocazione del rigonfiamento equatoriale, evento di lunga durata e catastrofiche conseguenze. Per tale inversione, vedasi l’analisi matematica di Spedicato (2011).

Recentemente sono emerse ulteriori ragioni per la scelta del 20 come valore del periodo di base. Queste implicherebbero perché in molte lingue, non meno di trecento ora, ovvero circa il 5% del totale delle lingue ora esistenti,  i conteggi usino come base non il 10 ma il 20. Ricordiamo fra queste i dialetti Maya (una trentina), il basco, varie lingue siberiane. Una ragione, ma alquanto ipotetica,  segue dal libro God Star di Dwardu Cardona (2006), dove si sostiene che la terra sia stata in passato un satellite di ovvero Saturno, questo allora una nana rossa non legata al sistema solare. Cardona osserva che Giove e Saturno hanno una congiunzione ogni 20 anni circa, precisamente ogni 19 anni e 314 giorni, vedasi De Cesaris (2003). Inoltre ogni 60 anni la congiunzione è molto precisa. Questo fatto era noto a Keplero, che lo studiò usando diagrammi chiamati trigoni, e lo applicò al problema della stella dei Magi . Era certo nota anche prima, ad esempio agli astrologi arabi, vedasi Kennedy (1983). Essendo Giove e Saturno pianeti associati a divinità del più alto livello, è naturale che il fenomeno fosse considerato di particolare importanza.

Un ulteriore motivo a favore del numero 20 si ritrova nel fatto che il periodo orbitale dell’ oggetto che i Sumeri chiamavano Nibiru, poi forse Marduk, , da considerarsi probabilmente come un pianeta di massa maggiore di quella della terra, era non di 3600 anni ma di 20, sempre per divisione per 180; Nibiru allora aveva un’orbita ellittica che lo portava nel punto più lontano a passare fra le orbite attuali di Giove e di Saturno. Essendo Nibiru associabile a eventi come la fine della glaciazione, la cattura della Luna verso il 9500 AC, e la distruzione dello stesso in un impatto su Giove, il valore 20 del suo periodo doveva essere un  numero di enorme importanza, per le possibili conseguenze negative di un suo passaggio vicino alla terra. Su Nibiru, la cui massa è stimabile in 10 volte quella terrestre, e la cui fine in un impatto su Giove è databile verso il 6900 AC, vedasi Spedicato (2013a).

Altri grandi numeri dalla Mesopotamia  si trovano in Diodoro Siculo e in Tinazzi (2003). Tinazzi cita l’ astronomo Bianchini, del secolo diciottesimo. Secondo Bianchini, che forse conosceva documenti ora perduti, la storia dei Caldei era estremamente antica, risalendo a 470.000 anni prima di Ipparco, vissuto fra il 190 e il 110 BC. Dividendo 470.000 per 180 otteniamo circa 2610 anni; e quindi un inizio per la storia caldea fra il 2800 e il 2720 AC, in accordo con le datazioni odierne, e confermando il nostro criterio di decrittazione. In Diodoro Siculo, libro II, vedi edizione citata del 1991, si legge: per quanto riguarda il numero di anni che, secondo i loro ragionamenti, l’ordine dei Caldei ha speso nello studio dei corpi celesti, difficilmente vi si può dar credito; infatti calcolano che fino al passaggio di Alessandro in Asia siano passati 463.000 anni, poiché iniziarono l’osservazione delle stelle sin dai tempi antichi.  Dividendo 463.000 per 180 otteniamo circa 2572 anni; il passaggio di Alessandro in Asia è datato al 334 a.C., per cui avremmo per l’inizio dell’ attività astronomica dei Caldei circa il 2900 a.C.. Una data accettabile per l’inizio della civiltà sumero-caldea in Mesopotamia, circa 250 anni dopo il Diluvio di Noè, databile al 3161 a.C., come da articolo in elaborazione.

3. Il grande numero del Nihonji

Kokiji  e Nihonji sono due testi giapponesi sull’ origine della loro civiltà, e specialmente della dinastia imperiale e degli eventi sino a circa il 700 A.D.. Kokiji è più antico di qualche decina di anni e molto del suo materiale si ritrova nel Nihonji.  Per molto tempo fui incapace di trovare questi libri, in Amazon, o nelle biblioteche, sebbene fossero stati tradotti in inglese e francese circa un secolo fa. Nella primavera del 2009 ero a Roma per intervistare il grande soprano Antonietta Stella, per un mio libro con 108 interviste con persone del mondo lirico, vedasi Spedicato (2013b).  Stella risiede nell’ elegante quartiere Parioli, ricco di verde. Camminando verso la casa di Stella, notai l’ istituto culturale giapponese, un edificio dotato di una biblioteca aperta al pubblico. Lì trovai il  Nihonji e riuscii leggerne la metà delle 700 pagine. Era una ristampa della traduzione in inglese del 1896. Poi trovai una edizione più recente in Amazon. Quindi in una visita all’ ISIAO a Milano, l’ Istituto per lo Studio delle Civiltà Africane ed Orientali, fondato come ISMEO dal grande tibetologo Tucci, trovai una copia del Kokiji. Qui cito dal libro letto a Roma, pubblicato da Allen & Unwin. A pagina 110, si legge:

“Dalla discesa dei nostri avi celesti sino ad ora sono passati 1.792.440 anni”

Il numero 1.792.440 anni è considerato favoloso nelle note al libro. Ma diviso per il fattore 180, diventa esattamente 9958, un numero accettabile. Se assumiamo che ora significhi l’ anno 720 A.D., quello probabile per la scrittura del Nihonji, anno da considerarsi come quello rispetto cui fu fatto il conteggio, segue, per la discesa degli  avi celesti, l’ anno 9238 BC. Questa data corrisponde a circa due secoli dopo la fine dell’ ultima glaciazione, che ora sappiamo avvenne assai velocemente, forse dopo un evento catastrofico di origine extraterrestre che anche portò alla fine di Atlantide. Si vedano i lavori di Spedicato (2007 a,b, 2010),  Muck (1956), Barbiero (1974), Collins (2000). Il particolare evento cui si riferisce il numero non mi è noto, ma potrebbe corrispondere ad una ripresa di civiltà organizzata dopo la distruzione di Atlantide,  evento che Platone definisce come il più grave nella memoria degli egizi. Ma potrebbe anche riferirsi all’ arrivo sul nostro pianeta di esseri intelligenti da altri pianeti, fatto che ora, scoperta la superluminalità e il teleporting, non è da considerarsi impossibile in termini delle distanze coinvolte. E non è detto che la nostra tecnologia non possa sfruttare questi fenomeni di qui a forse un secolo… Gli alieni potrebbero essere stati motivati nel raggiungere il nostro pianeta non tanto da un interesse per noi umani, quanto dagli eventi straordinari che hanno caratterizzato il sistema solare nei millenni successivi, se sono valide le teorie di Velikovsky (1950), di Ackerman (1996a,b) e  dello scrivente, Spedicato (2009b). Ed è fuori dubbio che alieni con tali capacità tecnologiche avrebbero potuto modificare geneticamente alcuni umani, forse anche dando parte del loro materiale genetico, ed essere quindi considerati avi celesti.

È inoltre interessante che il fattore 180 appaia varie volte nel Nihonji, nelle pagine sia precedenti che successive a quella dove è dato il grande numero, come se costituisse una specie di remainder del numero decrittante. Ad esempio a pagina 80 dell’ edizione citata leggiamo

“Una corda di gelso con 180 nodi e degli scudi bianchi a 180 strati”

Inoltre quando l’ imperatore visitava villaggi o città riceveva in dono tipicamente 180 pezzi di oro o 180 tazze di porcellana. Era inoltre accompagnato da 180 guardie.

4. Il grande numero nel Nepal

Un altro grande numero si trova nella tradizione nepalese. Appare in uno dei libri di viaggio di Alexandra David Néel (2004), in cui a pagina 48 si legge

I primi abitanti del Nepal furono i Kiratis, che arrivarono 819.000 anni prima di ora

Dividendo tale numero per 180, otteniamo esattamente  4550 anni, che è un numero ragionevole. Non sappiamo cosa possa valere esattamente prima di ora, ma Alexandra, che morì nel 1969 alla età di 101 anni,  viaggiò principalmente nella prima metà del ventesimo secolo. Prendendo per default come anno di riferimento il 1950, togliendo 4550, otteniamo il 2600 AC !  Questa è una data interessante, che si accorda con quelle di inizio delle civiltà in Egitto, Mesopotamia, Battriana-Margiana, Indo-Sarasvati…. Non siamo in grado di precisare quale sia l’evento iniziale associato ai 4550 anni, ma notiamo che il 2600 AC corrisponde a circa 550 anni dopo il diluvio noachide, come può datarsi con vari argomenti su cui qui dobbiamo sorvolare. Quindi possiamo assumere che i sopravvissuti al Diluvio, una volta moltiplicatisi, raggiunsero quella terra nepalese allora tutta una foresta e piena di animali selvaggi, iniziando a coltivarla ed a costruire villaggi e città…

Qui possiamo anche ricordare la tradizione nepalese secondo cui la loro civiltà sarebbe  stata fondata da un uomo di nome Mandjoushri, famoso per le conoscenze e la saggezza. Ora man è parola relazionabile a termini come Manas, Minos, Menes, Manu, latino mens, associabili ad un individuo con particolari conoscenze e saggezza. Shri indica uno stato di santità. Questo individuo potrebbe essere stato Salomone, sulla base del nostro scenario, Spedicato (2009a), secondo cui Salomone viaggiò in Asia nei suoi ultimi quaranta anni di vita (dagli anni 54 ai 94), in particolare in India. Secondo una tradizione locale riportata da Tucci (2005) la sua tomba si troverebbe nella giungla nepalese del Terai (Terai avendo un possibile etimo ibrido cinese-semitico, significante grande re). Tale tomba si trova in un posto veramente speciale,  presso le località di Lumbini e di Kapilavastu, dove stava il palazzo di Gautama Siddharta, poi Budda. Budda nacque nella foresta di Lumbini.

5. Il grande numero dei singalesi

L’ isola di Ceylon, o Sri Lanka, appare già nel Ramayana come il regno del demone Ravana. Questi rapì Sita, moglie di Rama, che regnava  nella regione di Dehli, e fu ucciso dopo una difficile guerra. Una datazione recente del Ramayana dovuta a Kak et al (1995) considera questa epica più antica del Mahabharata, databile verso il 3500 AC, contro il 3200 dell’ altra. Fin verso il 500 AC, Ceylon fu abitata da una popolazione di religione primitiva detta Yukkas, che sino a un secolo fa sopravviveva come piccoli gruppi nella foresta con il nome di Veddas. Nel 543 AC arrivarono i singalesi, una popolazione di religione induista proveniente dall’ India nord occidentale. Qualche tempo dopo arrivarono popoli di lingua tamil dall’ India meridionale. La storia della conquista singalese dell’ isola, e degli sviluppi successivi, è contenuta nell’ epica nazionale detta Maha Wanse, scritta in lingua pali, versione popolare del singalese, utilizzata anche in uno dei canoni fondamentali del buddismo. Vedasi Forbes (1994), che visitò l’isola verso la metà dell’ ottocento, poco dopo la conquista inglese, isola allora ancora quasi del tutto coperta da foreste e ricchissima di elefanti.

Il Maha Wanse parte dalla popolazione più antica di Ceylon, i Bambas. Dopo un oscuro periodo di crisi, i Bambas elessero un re, 1.300.000 anni prima del re Maha-Sammata-Raja.  Dividendo 1.300.000 per 180 ricaviamo 7200 anni per l’ elezione del re dopo la crisi. Se Maha-Sammata-Raja fosse Noè-Manas, il sopravvissuto al Diluvio, otterremmo come data di tale elezione circa il 10.800 AC.  Data che è molto vicina a quella da poco stabilita per l’ impatto di un asteroide con sciame meteorico ed asteroide sulla regione dei Grandi Laghi del nord America. Evento che peggiorò il clima dell’ era glaciale, terminando l’ era di Clovis ed attivando la fredda e ventosa epoca del  Younger Dryas; formò probabilmente i Carolina Bays, e provocò la catastrofe da fuoco che è la prima delle quattro catastrofi citate dai Maya. Vedasi Spedicato (2012).

6. Un grande numero in Tibet

È probabile che una ricerca della letteratura tibetana, di cui è sopravvissuta una parte nonostante la distruzione quasi totale dei monasteri e delle loro biblioteche durante la rivoluzione culturale, dia altri numeri di grandezza tale da decrittare per divisione per 180. Uno di tali numeri sta nell’ affermazione riferita all’epoca del mitico re  Kriki, secondo cui gli uomini vivevano normalmente 120.000 anni.  Decrittando si ottiene circa 650 anni, un valore che alcuni studiosi ritengono possibile raggiungere in futuro, ma che curiosamente è vicino alle lunghezze di vita dei patriarchi biblici, prima del diluvio, nonché dei dieci re antediluviani dei testi sumero accadici, vedasi la discussione in questo articolo. Vedasi Sarat Chandra Das,  2001.

7. Un grande numero in Egitto

Una delle questioni più dibattute, e di cui non esiste una soluzione accettata dalla comunità degli egittologi, riguarda le tre piramidi di Giza, e in particolare la più alta, quella di Cheope. Il problema è quando furono costruite, da chi, per quale motivo, e con quale tecnologia. Lasciando da parte le prime tre domande, in merito alle quali vedasi Spedicato (2013c) per il complesso di Giza come rappresentazione di tre monti sacri della regione himalaiana, ricordo lo studio dell’architetto  Fiorini (2012) sulla tecnica di costruzione. L’autore in contrapposizione con chi ha ipotizzato che i massi di cui è costituita la piramide venissero portati dal basso, ad esempio trascinati lungo i lati della piramide, propone che vi arrivassero in discesa, lungo una strada elevata temporanea di circa un km, costruita fra la piramide e la grande cava, di maggiore altezza, da cui erano estratti. Stima che la piramide possa essere stata costruita, nei venti anni dati da Diodoro Siculo, con l’utilizzo di soli 4000 lavoratori. In Strabone e in Diodoro Siculo  leggiamo dell’utilizzo di 360.000 lavoratori, un numero non facilmente accettabile. Se tale numero provenisse anch’esso da moltiplicazione per 180, otterremmo allora il valore di 2000 lavoratori, un numero confrontabile con quello di Fiorini.

8. I grandi numeri negli Yuga vedici

I quattro Veda sono considerati i più antichi documenti in forma scritta. Si ritiene che fossero già formati in forma orale circa 6000 anni fa, il più antico essendo il Rig Veda.  Tale antichità era affermata dai Bramini, la casta degli uomini sacri in India, all’inizio del diciassettesimo secolo, come notato dai viaggiatori inglesi, vedasi Foster (1985). Nell’ ottocento gli studiosi britannici ne abbassarono l’ età al primo millennio AC, anche per motivi politici, ma ora studiosi indiani come Kak et al (1995), ne hanno ristabilito la grande antichità.  Nei Veda e in altri testi collegati, come  i commenti detti Upanishad o nei testi semi-storici detti Purañas, quasi tutti disponibili solo oralmente, sono citate quattro età dette Yuga. Alla durata di queste età si assegnano valori ancora maggiori di quelli visti sinora. Inoltre tali valori non sono sempre gli stessi, ma appaiono in due versioni.

Sotto diamo gli Yuga con i loro valori. La differenza fra le due classi può essere dovuta a una doppia trasformazione, con variazione dei valori dall’ una all’ altra del venti per cento, il venti essendo come prima osservato un numero speciale, relazionato a Giove e Saturno o al periodo orbitale di Nibiru. Si afferma che il Kali Yuga, finisce, o forse inizia, con l’ anno 3103 AC. Questo sarebbe l’ anno della morte di Krishna, il grande dio dalle caratteristiche umane che combatté nella guerra del Mahabharata. Di lui è ben noto lo straordinario dialogo con l’ arciere Arjuna, contenuto nella sezione del poema nota come Bhagavagita.  L’anno 3103 corrisponde a una sessantina di anni dopo la fine del diluvio noachide, che noi datiamo al 3161 AC, sulla base di considerazioni che qui non possiamo presentare. E’ inoltre una data, vedasi Spedicato (2010a), prossima a quel 3114 AC che costituisce, secondo quanto presentemente accettato, l’ inizio del  lungo computo dei Maya.  Tuttavia nel Mahabharata la morte di Krishna  appare precedere il Diluvio. É quindi possibile che il tradizionale 3103 debba essere corretto, forse nel 3203, un problema che lasciamo aperto in questa sede. Qui utilizziamo per default la data del 3103.

I due più recenti Yuga, nella nostra decrittazione,  sono relazionati a discontinuità da catastrofe presentate in altre tradizioni (Platone, i Maya….). I due più antichi sembrano riferiti a eventi assai più antichi, ignoti in altre tradizioni a conoscenza di chi scrive, e ne proporremo il significato solo tentativamente.  Un’eco di tali tempi antichissimi si trova in una affermazione di Giulio Africano, secondo cui i fenici proclamavano una loro antichità di tre miriadi di anni, ovvero  30.000 anni. Potendosi arguire, vedasi Spedicato (2010b), che i fenici originano dai i navigatori indiani detti Pani, e quindi che probabilmente mantennero informazioni sull’ India antica, potremmo associare le tre miriadi di Africano all’ inizio del più antico Yuga.

I quattro Yuga appaiono nei Veda ed in altri testi, fra cui Mahabarata e Ramayana. I loro nomi e le loro  durate in anni sono le seguenti, partendo dai più antichi:

SATYA o KRTA Yuga          1.728.000 anni

Yuga associato a un tempo di felicità per la gente, chiamato l’ età dell’ oro.

TRETA Yuga                         1.296.000 anni

Yuga corrispondente all’ età dell’ argento, meno felice.

DVAPARA Yuga                            864.000  anni

Yuga corrispondente all’ età del bronzo, quando si cominciò a costruire templi per il culto degli dei.

KALI Yuga                             432.000 anni

Questo Yuga è tempo di violenza e ipocrisia.

I valori decrittati, sempre dividendo per 180 i numeri di sopra, sono i seguenti, dove va notata la differenza di 2400 anni fra due numeri successivi:

SATYA o KRTA Yuga          9600 anni

TRETA Yuga                         7200 anni

DVAPARA Yuga                            4800 anni

KALI Yuga                             2400 anni

Il totale di anni  per i quattro Yuga è di 4.320.000 anni, o, decrittato, 24.000 anni. Questo totale si chiama divya-Yuga.  Si dice che un giorno di Brahma vale un divya-Yuga (per gli studiosi talmudici, e in uno dei salmi, un giorno del Signore vale mille anni, con riferimento in particolare ai sette giorni della creazione di cui al Genesi). Possiamo anche notare che 24.000 è un numero vicino al periodo di precessione dell’ asse terrestre, come ora stimato (sotto ipotesi che in passato potrebbero non essere state valide).

Nel Brahmanda Purana, i valori degli Yuga sono differenti, ovvero:

SATYA-KRTA             1.440.000  anni

TRETA                         1.080.000  anni

DVAPARA                            720.000  anni

KALI                             360.000  anni

Si osserva che, aumentando questi numeri del 20%, si ottengono i valori precedenti. Potrebbe essere stata applicata una doppia trasformazione, usando il sacro numero 20, da noi associato con le congiunzioni di Giove e Saturno o con il possibile periodo di Nibiru.

Ora cerchiamo di collegare i numeri degli Yuga con il calendario occidentale. In molti testi è affermato che lo Dvapara Yuga finì, e il Kali Yuga iniziò, con la morte di Krishna. Questo evento è datato al 3103 AC, o stando ad altre stime, al 18 febbraio 3102, causa un incidente di caccia (curiosamente la stessa ragione della morte dell’ eroe iraniano Rostam…). Krishna allora tornò al regno celeste di Vaikuntha. Qui ribadiamo la possibilità di una data alternativa per la morte di Krishna al 3203 AC, in quanto Krishna non dovrebbe essere ancora presente al momento del diluvio, che può essere datato al 3161 AC.

Se quanto sopra è corretto, allora il Kali Yuga, da noi stimato di una durata di 2400 anni,  sarebbe finito verso il 600 AC, o verso il 700 AC, se è corretto spostare all’ indietro di un secolo la morte di Krishna. Si noti che l’anno 700 AC corrisponde a generalizzati cambiamenti di calendari, mentre il 600 AC si riferisce a un periodo speciale nella storia umana. Infatti attorno a questo tempo l’umanità sperimentò importanti cambiamenti istituzionali e religiosi, dovuti, nello scenario sviluppato da Velikovsky (1950), De Grazia (1981), Ackerman (1996a,b) et al., al raggiungimento da parte del sistema solare dello stato attuale dopo i precedenti millenni con fondamentali variazioni. Ricordiamo con riferimento ai cambiamenti di cui sopra che verso il 600 AC si ha la nascita del razionalismo in Grecia con Talete, del Buddismo e Jainismo in India, dello Zoroastrianismo in Iran, della religione Shinto legata al culto dell’ imperatore in Giappone; inoltre Manasse re del regno di Giuda abbandona il monoteismo e uccide i grandi sacerdoti nel regno di Giuda…

9. Una ipotesi di lavoro

Tuttavia se potessimo considerare la morte di Krishna come la fine del Kali Yuga, allora i numeri sarebbero più significativi. Infatti:

–         il Kali Yuga inizierebbe verso il 5500 AC, il tempo della “creazione” delle sette coppie nel Kharsag-Giardino dell’ Eden. In Spedicato (2003) il Giardino dell’ Eden è identificato con la valle di Hunza, nel Karakorum, parte del subcontinente indiano, dove i quattro fiumi dell’ Eden hanno le loro sorgenti nel massiccio Pasu. Si ricordi che il calendario bizantino partiva dal 5508 AC, quello etiopico dal 5500 AC (la differenza di otto anni è solo dovuta all’ errore ddl monaco Dionigi il Piccolo nel datare l’ anno di nascita di Gesù)

–         lo Dvapara Yuga inizierebbe verso il 10.300 AC, ovvero pochi secoli dopo la esplosione di un oggetto sul Canada. Evento che terminò l’ era di Clovis, e iniziò lo Younger Dryas, che è stato il periodo finale molto freddo dell’ ultima glaciazione.  E’ una data che potrebbe essere associata all’inizio della civiltà di Atlantide,  che finì verso il 9450 AC con l’ evento catastrofico che terminò l’ ultima era glaciale, vedasi Spedicato (2010b).

–         il Treta Yuga inizia verso il 17.500 AC, in piena era glaciale. Attorno a questo periodo inizia l’ era magdaleniana, caratterizzata da un salto nelle conoscenze tecnologiche e da una importante attività artistica, specie nelle grotte di Francia e Spagna, le cui pareti iniziano ad essere affrescate con disegni di complessa interpretazione, vedasi Cottles e Lewis-Williams (2001)

–         il Satya Yuga inizierebbe verso il 27.100 AC, una data interpretabile ancora nello scenario di Cardona o associabile al dominio finale dell’ homo sapiens sull’uomo di Neanderthal. Si noti che questo numero è assai vicino alle tre miriadi di antichità che i Fenici proclamavano per la loro storia, come riporta Giulio Africano, che giudica assurda la loro affermazione. È anche vicino ai 30.000 anni che Igino da per il supplizio inflitto a Prometeo, incatenato sul Caucaso con un’aquila che gli divora il fegato (poi uccisa da Eracle). Il mito di Prometeo, che insegna all’uomo come conservare il fuoco, potrebbe dare una spiegazione di una superiorità tecnologica relativa al fuoco dell’ Homo sapiens rispetto all’ Homo Neanderthalensis, che potrebbe avere contribuito alla scomparsa di questo. Infatti verso questo periodo pare collocarsi la scomparsa dell’ uomo di Neanderthal, presente fra penisola iberica e regione afgana; in Chiarelli (2012) si da per la scomparsa il 27.000-28.000 AC. Una data che corrisponda all’inizio del dominio dell’ Homo sapiens, eliminato il pericoloso contendente Neanderthal, avrebbe certo senso come inizio della prima della età Yuga.

Esiste una vastissima letteratura sugli Yuga, a partire da millenni fa. Fra gli studiosi recenti citiamo il guru indiano Sri Yukteswar Giri, nato nel 1855 e morto nel 1936. Tale studioso è stato il maestro di Yogananda Paramahansa, il primo yogin indiano a iniziare l’ insegnamento dello yoga in America. Un altro suo allievo, incontrato dal grande sufi Gabriele Mandel e sua moglie verso il 1960, i quali ne fotografarono la performance, aveva la dote, considerata realizzata da pochissimi asceti,  di un corpo trasparente alla luce, quindi senza ombra. Inoltre usava meditare seduto sulle acque del Gange. Nel libro The holy science, Sri Yukteswar Giri dichiara che la durata totale dei quattro Yuga è di 24.000 anni, come da noi affermato. Tuttavia divide tale periodo in due sottoperiodi di 12.000 anni ciascuno, con separazione verso l’ anno 500 A.D., e relative durate di ogni Yuga ottenute per divisione per due. Quindi per il Kali Yuga del primo sottoperiodo avremmo un inizio nel 700 AC circa, periodo significativo come sopra indicato; per il Dvapara Yuga al 3100 AC, data vicina alla morte di Krishna ed al diluvio; per l’ inizio del Treta il 6700 AC, data vicina a quella dell’ impatto su Giove che avrebbe generato Venere oltre ad altri effetti, fra cui spostare Giove su un’orbita più lontana, vedi Spedicato (2012a); per il Satya avremmo l’ 11.500 AC, tempo separato di qualche secolo dall’ impatto sui Grandi Laghi corrispondente alla prima delle quattro catastrofi Maya, vedi Spedicato (2012b). Partendo invece dalla data separatrice dei due sottoperiodi, ovvero il 500 A.D., osserviamo innanzitutto che il 500 A.D. non è molto lontano da quel periodo 536-540 A.D. in cui nella regione mediterranea infierì la cosiddetta peste di Giustiniano, che in Cina portò a carestia e suicidio dell’ imperatore. Avremmo allora per la fine dal Kali Yuga il 1700 A.D., dove non appaiono particolari catastrofi, ma che per l’ India fu il tempo in cui perse l’ indipendenza e la prosperità passando sotto il controllo degli inglesi. Saremmo ora nel Dvapara Yuga, che terminerebbe nel lontano 4100 A.D.…. Ammesso sempre che la cronologia standard dopo Cristo, risalente inizialmente a Scaliger, sia corretta, e non errata di circa 600 anni, come sostiene la scuola di Fomenko in Russia, con l’ appoggio di altri studiosi, come Gunnar Heinsohn dell’ Università di Brema.

Sul Treta Yuga, che noi datiamo come inizio al 17.500 AC, osserviamo ancora che tale data si relaziona all’ inizio dell’era Magdaleniana, terminante con la fine della glaciazione. Il nome Magdaleniano è stato dato nel 1863 da Gabriel de Mortillet, studioso del sito detto Abri de la Madeleine, in Dordogna. Tale periodo si caratterizzerebbe rispetto al tempo precedente da una più avanzata tecnologia di lavorazione dell’ osso, per usi domestici o come arma, fra cui l’invenzione dell’ago di osso, e dalla sviluppo della pittura rupestre, documentata, per quanto noto, specialmente in Francia e nella penisola iberica. E’ chiaro che correlare il Treta Yuga all’ inizio del Magdaleniano, fenomeno essenzialmente europeo, richiede o che l’homo sapiens sia passato in quel periodo dall’ Europa occidentale verso l’ India, o che anche in India allo stesso tempo si sia sviluppata una simile civiltà, fatto su cui non siamo in grado al momento di commentare.  Ma notiamo che il prof Cottles al momento in cui scrivo è proprio nell’ India centrale, dove abitano circa 60 milioni di aborigeni, per studiare gli affreschi nelle caverne locali. Oppure si potrebbe anche considerare un arrivo in Europa dall’ India…

Se la nostra interpretazione è corretta, l’ India ha conservato forse la più antica memoria di eventi riguardanti l’ umanità. Ulteriore lavoro va fatto sui testi indiani, dove la conoscenza di chi scrive è limitata, molti testi essendo disponibili solo in sanscrito e tamil. E non possiamo escludere che altri testi antichi, come l’epica di Manas dei Kirghisi, contengano informazioni di tipo storico risalenti ai primi tempi degli Yuga, o addirittura a tempi più antichi ….

10. Sulla decrittazione di misure di lunghezze

Recentemente abbiamo osservato che la divisione per 180 rende accettabili misure di lunghezze che altrimenti appaiono impossibili o fantasiose.

Qui diamo tre casi:

–         il monte Kailash del Tibet corrisponde al sacro monte Meru delle religioni induiste, buddiste, bon e jainiste. La sua altezza sul livello del mare è di 6600 metri. In sacri testi induisti è data in 84.000 yoyanas, corrispondenti a circa 1082 km. Questo è un valore inaccettabile, anche perché nessuna montagna sul  nostro pianeta può superare i 10 km circa, in quanto crollerebbe su se stessa per ragioni di resistenza al peso delle rocce alla base. Dividendo 1082 km per 180 si ottiene 6.011, con un errore di circa il 10%.  Questo errore può venire da una errata stima effettuata in tempi antichi, o dall’aumento sul livello del mare della regione tibetana, sottoposta con l’ India a spinta da parte della zolla africana

–         nel Ramayana si descrive la costruzione di un collegamento con un ponte di terra fra l’India e l’isola di Sri Lanka. La lunghezza è data, vedasi la versione francese Éditions Michel, 2006, in 300 leghe, la larghezza in 3 leghe. La lega ha una lunghezza variabile nel tempo e nei luoghi, generalmente compresa fra 4 e 6 km, associata al percorso che si può fare in un’ora. Assumendo un valore di 5 km, la lunghezza del ponte sarebbe di 1500 km, inaccettabile. Dividendo per 180 si ottengono 8.3 km, con una larghezza di 83 metri, valori accettabili.  Si noti che lo Sri Lanka è separato dall’ India dallo stretto di Palk, lungo il quale una serie di piccole e basse isole costituiscono il cosiddetto ponte di Adamo. Il tratto di mare fra India e Sri Lanka  è attualmente di circa 15 km. Al tempo del Ramayana, circa 400 anni prima del diluvio biblico, la lunghezza poteva essere inferiore, dato un probabile più basso livello del mare. Il livello del mare potrebbe infatti essere salito di alcuni metri  dopo il Diluvio, per effetto delle acque provenienti “dalle fontane del cielo” come dice la Bibbia, ovvero dagli oceani di Marte, vedasi Spedicato (2013).  Evidenza dell’esistenza di tale ponte ora sotto il livello delle acqua è stata ottenuta recentemente da una foto satellitare della NASA, che qui si presenta.

ramayana ponte

–         Nella Bibbia, ed in testi extrabiblici come il Libro di Enoch, si parla della presenza sulla terra di “giganti” nel periodo precedente al Diluvio, scomparsi poi in questo evento. L’ altezza di questi esseri è detta raggiungere i 2000 cubiti, ovvero, per cubiti reali di circa 52 cm, oltre 1000 metri, un valore ancora inaccettabile, anche per limiti della capacità delle ossa di sostenere un corpo troppo pesante.  Dividendo per 180, si ottengono circa 5 metri e mezzo, valore elevato, ma non impossibile. Notiamo infatti che scheletri di dimensioni sino a circa 5 metri sono stati ritrovati, in particolare in Sardegna dopo la seconda guerra mondiale, nella zona di Pauli Arbarei. Il ritrovamento fu dovuto ad aratri in grado di raggiungere gli 80 cm contro i 40 dei vecchi aratri. Si sono ritrovati scheletri con altezze fra 3 e 5 metri, vedi Muscas (2011).

Appendice .  Dati biblici sulle età dei patriarchi

Dal Genesi, versione Septuaginta, edizione francese di Harl (1994), abbiamo le età dei primi nove patriarchi biblici al momento in cui ebbero il primo figlio. Appaiono sotto nella prima colonna, la seconda colonna le da come nella nuova edizione CEI (2007). Assumiamo come ipotesi di lavoro la correttezza della Septuaginta.

Adamo                230             130
Seth                     205             105
Enos                     190             90
Cainan                  170             70
Malaleel               165             65
Yared                    162           162
Enoch                   165             65
Matusalemm      167            187
Lamech                188             182
(Noè figlio di Lamech)

Quindi Noè sarebbe nato, secondo la Septuaginta, da Lamech (curiosamente una delle tre divinità principali dei Kafiri dell’ Afghanistan orientale nel secolo sedicesimo, vedasi Scarcia (1976)),  1477 anni dopo la “creazione” di Adamo. Dato che egli aveva 600 anni all’ arrivo del Diluvio, segue per il Diluvio una datazione di 2077 anni dalla “creazione” di Adamo.  Dato che Noè visse 950 anni, l’ età totale dei patriarchi sarebbe  di 2427 anni. Questo valore è assai vicino al periodo totale in Beroso per il regno dei dieci re antidiluviani, valore che essendo dato come multiplo di 20 (3600 diviso per 180…), è da considerarsi approssimato. I numeri nella Bibbia della CEI riducono il totale di 600 anni, dando un valore finale lontano da quello di Beroso. La Bibbia della CEI si basa sulla cosiddetta Bibbia di Gerusalemme prodotta dal Père de Vaux; i numeri dei patriarchi corrispondono a un taglio di 100 anni da quelli della Septuaginta, salvo quelli per Yared, Matusalemme e Lamech. Le sequenze non possono essere entrambe corrette, ma entrambe potrebbero avere errori. La differenza di esattamente 100 suggerisce una modifica artificiale.

Qui si apre un problema interessante. Il calendario bizantino parte con il 5508 AC, mentre quello etiopico con il 5500 AC, la differenza di 8 anni essendo dovuta all’ errore di Dionigi il Piccolo nel datare la nascita di Gesù.  Questi calendari dovrebbe corrispondere da un evento speciale nel Giardino dell’ Eden. Due eventi speciali sono i seguenti, presi rispettivamente dal Genesi e dai testi sumero-accadici Atrahasis  e Enuma Elish:

–         arrivo di Yahvè-Elohim o Enlil-Enki-Ninlil ed altri

–         “creazione” di Adamo ed Eva o delle sette coppie

A parere dello scrivente la Bibbia non descrive la creazione dell’ universo, che se creato da un Dio infinito avrebbe forse anch’esso una struttura infinita nel tempo, nello spazio e nella complessità… come già Lucrezio sosteneva. Quindi sono gli eventi di cui sopra che potrebbero definire l’ inizio dei calendari bizantino ed etiopico. Sulla base di considerazioni da sviluppare altrove, il Diluvio avvenne quasi certamente nell’ anno 3161 AC. Usando la Septuaginta abbiamo 2077 anni sino al Diluvio, corrispondenti ad una data per la “creazione” di Adamo del 5238 AC, quindi circa 250 anni dopo l’ inizio dei suddetti calendari. Quindi se le date assegnate per il momento in cui i patriarchi ebbero il primo figlio sono corrette, seguirebbe che i calendari partono non dalla “creazione” dell’uomo, ma dall’ arrivo nel Giardino dell’ Eden o Kharsag di esseri superiori. Considerazione supportata dal fatto che i testi sumero-accadici affermano che gli dei arrivati lavorarono da soli per un po’ di tempo, finché, stanchi, decisero di creare sette coppie che lavorassero al loro posto (la Bibbia si occupa di una sola coppia, una delle sette è da presumere…). Come gli dei crearono le sette coppie, è tema fuori di questo lavoro, ma vedasi Biglino (2011, 2012).

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