Emilio Spedicato. Università di Bergamo
Release 1, luglio 2015
Dedica
Questo lavoro è dedicato a Donald Patten, di Seattle, incontrato varie volte e autore della teoria dei passaggi ravvicinati fra Marte e Terra ogni 54 anni. Scomparso all’inizio del 2014. È anche dedicato a Alfred De Grazia, genio nell’ analisi del passato, il cui studio dei rapporti fra Marte e Luna ha attivato questa ricerca. Scomparso a metà 2014, pochi giorni dopo un incontro con questo autore.
Sintesi
Consideriamo una alternativa alla proposta di Bauval e Gilbert che le tre piramidi di Giza siano disposte come le tre stelle della Cintura di Orione, mostrando che l’ allineamento con tre vulcani di Marte è migliore. Tali vulcani erano visibili dalla Terra fra circa il 7000 e il 700 AC, quando, seguendo le idee di Patten, Ackerman e del sottoscritto, Marte passava ogni 54 anni vicino al nostro pianeta. La nostra proposta è confermata dall’etimo di piramide e dalla esistenza di 54 nicchie nella Grande Galleria della piramide detta di Cheope.
1. Piramidi di Giza, Marte e Cintura di Orione, immagini da internet
Sotto appaiono immagini delle Piramidi di Giza, dei tre vulcani di Marte e della Cintura di Orione, da fotografie della NASA disponibili in internet . Valutiamo poi le dimensioni e gli angoli associati, per un confronto fra l’ipotesi di Bauval ed una nuova proposta che privilegia i vulcani di Marte.
Piramidi di Giza
Sotto appare una immagine di Marte, con il Valles Marineris, i tre vulcani che consideriamo e il Mons Olympus. I vulcani sono Ascraeus Mons, Pavonis Mons, Arsia Mons. La distanza fra due vulcani contigui, misurata dal centro cratere, è circa 800 km; la base è estesa alcune centinaia di km, contro i 600 della base del Mons Olympus.
Segue una immagine più ravvicinata dei tre vulcani, utilizzata per calcolare i rapporti delle distanze e l’angolo di allineamento, assunto che i vulcani giacciano su un piano. Usando la loro distanza reale nota e l’ apparente allineamento calcoliamo anche l’angolo fra le loro tangenti alla superficie sferica.
Segue una immagine della Cintura di Orione, dove le stelle maggiori sono chiamate Al Nitak, Mintaka, Al Nilam. Tre nomi forse relazionabili con i fiumi Tanai (Nitak per metatesi), Mintaka (fiume originante dal passo Mintaka a nord della Valle di Hunza e terminante come Tarim nel deserto di Lob Nor) e Nilo. Tre fiumi che sembrano definire l’area occupata dai tre figli di Noè, ovvero Sem, Cam e Iafet. La costellazione di Orione è una delle più spettacolari nel cielo, contenente stelle assai luminose come Rigel, Betelgeuse e Bellatrix.
2 Calcolo approssimato di distanze ed angoli
Diamo ora le distanze in millimetri prese con un righello fra i centri dei tre corpi delle immagini considerate, essendo importante solo il loro rapporto. Non usando tecniche sofisticate di misura, i valori ottenuti potrebbero essere migliorati, anche se forse solo marginalmente.
Da Cheope a Chefren, 53 mm
Da Chefren a Micerino, 47 mm
Rapporto distanza in 3 cifre, 1.13
Distanza due vulcani a sinistra: 53 mm
Distanza due vulcani a destra: 59
Rapporto distanze, 1.11
Le tre stelle della Cintura di Orione risultano equidistanti, distando fra di loro 53 mm, quindi con rapporto distanze eguale ad 1.
Dal punto di vista delle distanze, i tre vulcani danno la migliore approssimazione alle tre piramidi di Giza.
Consideriamo ora l’angolo fra la semiretta che parte dalla punta della piramide di Cheope passando per quella di Chefren, e la semiretta che parte dalla punta della piramide di Chefren passando da quella di Micerino. Utilizziamo un semplice goniometro. Tale angolo per le piramidi vale approssimativamente 9°. L’ angolo per la Cintura di Orione è circa di 26°. Quello associato ai tre vulcani, assunti giacere su un piano, appare prossimo a zero, i tre vulcani essendo quasi perfettamente allineati. Possiamo quindi dire che anche rispetto agli angoli è migliore l’approssimazione del sistema di Giza agli angoli dei tre vulcani, essendoci un errore di 9° contro i 17° della Cintura di Orione.
Notiamo tuttavia che i centri dei tre vulcani, distando fra di loro circa 800 km, una quantità non piccola rispetto al raggio di Marte che è circa 3400 km, non giacciono su una retta, ma su un arco di circonferenza. Appare naturale considerare anche l’ angolo fra le tangenti alla sfera di Marte, nei punti in cui appaiono i vulcani, identificati dal centro dei crateri, e giacenti nel piano definito dal centro della sfera e dai centri dei vulcani, assunti in prima approssimazione coplanari. Assumendo una distanza di 800 km fra i centri dei vulcani, l’angolo sotteso nel piano passante per i vulcani ed il centro di Marte è, in radianti, pari a 800/3390, ovvero 0.236, 3390 km essendo il raggio (medio) di Marte. Il valore in radianti di 0.236 corrisponde a gradi 13,5 , essendo il radiante pari a circa 57 gradi e 17’, ovvero a circa 57,25 gradi. L’angolo fra le tangenti, per un teorema di geometria euclidea, è pari all’ angolo sotteso dall’ arco considerato, ovvero a gradi 13.5.
Abbiamo quindi i seguenti valori per gli angoli: 9° per le piramidi, 13.5° per i vulcani e 26° per la Cintura di Orione. I tre vulcani di Marte danno quindi anche per gli angoli così valutati una migliore approssimazione che le tre stelle della Cintura, con un errore di 4.5 gradi, contro i 17 per la Cintura di Orione L’errore di 4.5 gradi associato ai vulcani potrebbe essere dovuto ad una qualche variazione tettonica sulla superficie di Marte intercorsa fra il tempo della costruzione delle piramidi ed oggi. Causa possibile la perdita del nucleo di Marte, affermata da Ackerman (2001, 2001) ed avvenuta con passaggio dal Valles Marineris. Evento datato da noi al 3161 AC, anno del diluvio noachide. Una complessa questione la cui soluzione trascende i dati disponibili.
3 Considerazioni su Orione e Marte in relazione a Giza
Le motivazioni di Bauval e Gilbert per una relazione fra le tre piramidi Giza e le tre stelle della Cintura di Orione sono complesse, in parte di natura astronomica, in parte esoterica, in parte legate alla possibilità di un arrivo di esseri intelligenti dalla regione di Orione agli inizi della civiltà egizia. Sulla presenza di strutture artificiali su Marte di probabile origine da esseri intelligenti si veda Piccaluga (2009).
Le nostre considerazioni si riferiscono ad un periodo particolare del pianeta Marte, che secondo lo scenario nostro, Spedicato (2013, 2014), e di altri, De Grazia (1984), Patten (1988), Ackerman (2001, 2001), ha avuto probabilmente la seguente evoluzione:
– da un tempo imprecisato sino a circa il 9450 AC, quando finì velocemente l’ultima glaciazione, Marte è stato satellite della Terra, su un’orbita del raggio di circa un milione di km; solo verso il 9450 AC avvenne la cattura della Luna. Marte appariva nel cielo con una ampiezza angolare simile a quella odierna della Luna; era dotato di acqua e probabilmente di vita, forse anche intelligente, vedasi Ginenthal (2002) e il citato Piccaluga (2009)
– dal 9450 a circa il 7000 AC la Terra ha avuto come secondo satellite la Luna, catturata verso il 9450 da un corpo di massa circa 10 volte la massa terrestre. Tale corpo è identificabile con il Metis della mitologia greca, il Marduk della mitologia babilonese, ed altre divinità. La Luna era più vicina alla Terra che oggi, su una orbita di circa 270.000 km di raggio. Appariva nel cielo grande circa una volta e mezzo il Sole o Marte, un fatto che rendeva le eclissi molto più terrificante che oggi, per la completa copertura del Sole e la lunga durata. Qui è forse nato il terrore che le eclissi davano in passato. Questa affermazioni sulle dimensioni apparenti lunari si trovano in testi cuneiformi, citati ad esempio in Velikovsky (2009).
– nel 7000 AC l’impatto di Metis su Giove, nel punto dove si trova la Macchia Rossa, vedasi Ackerman (2001, 2001), espelle una parte della massa di Giove, specie dal suo nucleo. L’impatto con masse provenienti da Giove stacca Marte dal legame gravitazionale con la Terra. La regione di Marte impattata è localizzabile nell’emisfero opposto a quello, detto Tharsis Bulge, in cui la superficie di Marte è rigonfiata e si trovano il più grande vulcano, Olympus Mons, la frattura detta Valles Marineris, e i tre vulcani sopra considerati
– fra il 7000 e il 700 AC Marte muove lungo un’orbita ellittica, passando ogni 54 anni vicino alla Terra, anche a distanza inferiore a quella della Luna, vedasi Patten (1988) e De Grazia (1984), che stabilisce l’identità di Afrodite con la Luna. Passaggi alternati ogni 108 anni di giorno o di notte. Numero totale dei passaggi probabilmente 100. Il centesimo corrisponde ad una interazione anche con Venere che avrebbe reso circolare le orbite dei due pianeti, fatto possibile secondo l’analisi matematica di Dixon (2002). Numero 100 corrispondente ai 100 nomi di Dio nel Corano (uno segreto e noto solo ai sapienti).
– nel punto di minore distanza al passaggio, Marte appariva con ampiezza angolare di alcuni gradi, permettendo la visione di particolari della sua superficie, in particolare dei vulcani e del Valles Marineris
– causa lo stress di marea gravitazionale per il passaggio vicino alla Terra, legato all’inverso del cubo della distanza, molti vulcani marziani entravano probabilmente in eruzione. Si allargava al contempo il Valles Marineris, con effetti che terminarono nella perdita del nucleo di Marte e nel Diluvio di Noè, nella primavera del 3161 AC
– i tre vulcani qui discussi probabilmente dominavano la superficie marziana, con eruzioni più importanti di quelle del Mons Olympus, essendo più vicini al Valles Marineris da cui ricevevano più facilmente nuovo magma. Per un passaggio a 100.000 km allo zenit (ben al di fuori del limite di Roche che per la Terra è di circa 18.000 km), erano visibili sotto un angolo di circa 0.92 gradi, circa 55 primi, un intervallo angolare circa due volte quello attuale della Luna o del Sole. Con tale separazione apparivano nettamente separati e ben visibili con il fuoco della loro eruzione. Buona visibilità anche per un passaggio a un milione di km
– assumendo che il passaggio ravvicinato stimolasse le eruzioni, l’evento, ben visibile dal nostro pianeta, sarebbe apparso meraviglioso e terrificante. Tre vulcani giudicati sacri e da onorare, fatto realizzato con la costruzione di tre piramidi, ovvero di tre montagne terrestri, della forma non tanto dei vulcani marziani, per probabili ragioni di stabilità, ma delle fiamme che ne scaturivano, che tendono ad avere una forma triangolare. Le piramidi quindi nascono come approssimazione di vulcani su Marte! Eforse anche per altri importanti utilizzi, non come tombe, ma rifugio per pochi all’ arrivo del diluvio, deposito di libri o documenti sacri o speciali.
4 Altre relazioni fra Giza e Marte
Il periodo di 54 anni fra due passaggi di Marte lo ritroviamo in una importante caratteristica della piramide di Cheope, forse mai spiegata soddisfacentemente. Infatti esistono 54 nicchie lungo la Grande Galleria, vedasi Patten e Spedicato (2000, 2002) e la discussione in Alford (2007), con fotografie. Il numero 54 segue naturalmente dalla ipotesi di Patten su Marte passante ogni 54 anni vicino alla terra.
Importante è considerare l’etimo della parola piramide, in greco pyramis. Tale nome nel nostro contesto assume il suo significato originario nella lingua greca, inspiegabile nello scenario tradizionale, dove gli egittologi hanno proposto interpretazioni varie e scollegate dal greco. Molti preferiscono una derivazione dalla parola egizia peremus, che nel papiro di Rhind indica qualcosa che si eleva, che sale, il che è certamente vero per le piramidi che si elevano più di ogni altra costruzione dell’ uomo. Il re Sargon il Grande, alias Nino e Nimrud, vedasi Spedicato (2015) avrebbe voluto superarle con la sua Torre di Babele. La costruzione di questa fu interrotta da un evento associabile al passaggio sopra di essa dell’ oggetto celeste Tifone; oggetto simile a Fetonte, e che esploderà come evento super Tunguska sulla parte orientale del delta egizio. Tuttavia il significato letterale della parola greca pyramis è avente la forma del fuoco, che è una forma a punta, triangolare, in generale. Vedasi anche Dante: lo maggior corno della fiamma antica. Nel Dizionario etimologico di Ottorino Pianigiani, edito nel 1907 dalla Società Editrice Dante Alighieri, ora messo online da Francesco Bonomi, 2008, è scritto che il fuoco tende ad avere una forma a punta. Tale significato si adatta bene nella nostra associazione ai tre vulcani di Marte.
5 Altre immagini
Diamo ora immagini da antichi documenti egizi. Prima una immagine dalla tomba di Senemut, un famoso architetto forse amante della regina Queen Hatshepsut. Appaiono molte stelle, o oggetti di forma stellare. Nel centro si vedono tre stelle perfettamente allineate, oltre ad una su un fianco, che potrebbero essere i tre vulcani più il Mons Olympus. Non è ovvio cosa sia la struttura ovaliforme che avvolge la stella centrale. Consistendo essa di tre strutture una entro l’altra, si potrebbe pensare al fumo e fiamme emessi dai tre vulcani, diretti verso il Mons Olympus sotto l’azione delle forze di Coriolis. Le strutture sono a punta, suggerendo la tipica forma di una fiamma.
Ci sono vari altri tripletti, in particolare le tre stele non bene allineate sulla testa del dio Osiride. Interpretazione non ovvia per questo autore, proposte nella letteratura non considerate.
La seconda immagine viene dagli antichissimi Testi delle Piramidi, trovata nella piramide di Unis, faraone della V dinastia. Vediamo tre stelle perfettamente allineate, che potrebbero relazionarsi ai tre vulcani. Possiamo qui fare una ulteriore osservazione, forse non presente nella letteratura, ovvero che le stelle nei dipinti egizi, e non solo, sono rappresentate con 5 punte. Una stella a 5 punte si associa naturalmente al pianeta Marte, quinto corpo a partire dal Sole (Mercurio, Venere, Terra, Luna, Marte). Quindi è possibile che le stelle siano state rappresentate avendo in mente il ruolo dominante di Marte nel cielo per vari millenni. Una stella a 6 punte sarebbe associabile a Giove, re dei pianeti e degli dei, per ragioni non discutibili in questa sede. È la stella adottata da Davide, Salomone, i Moghul ed altri, re che avevano una grande considerazione di sé stessi, come conquistatori e padroni del mondo.
La terza immagine viene da Abusir, sempre della quinta dinastia. Vediamo due triplette di piramidi, una con piramidi piccole, un’altra più grandi. Considerando le più grandi, esse formano un angolo di 28° ed il rapporto delle distanze fra le esterne e la centrale è circa 1.14. Corrispondono quindi ai tre vulcani come distanze, ma differiscono nell’angolo.
Immagine dalla tomba di Senemut
Piramide di Unis
Complesso di Abusir
6 Orione, chi sei tu?
Abbiamo visto che le tre piramidi di Giza sembrano meglio orientate non verso le tre stelle della Cintura di Orione, ma i tre vulcani di Marte. Tale imprecisione rispetto alla Cintura di Orione è stata notata da vari studiosi. Ricordiamo La Violette (2005), che da un errore di circa il 10% nelle distanze e del 32% negli angoli, e Collins ( 2007 ), che osserva come un allineamento perfetto si avrebbe con le tre stelle delle ali della costellazione del Cigno. Osservazione tuttavia negata da Alice Smith nel sito The hidden records. Ovviamente possiamo notare come, essendoci migliaia di stelle visibili all’uomo, esistono probabilmente vari tripletti con allineamento ben corrispondente a quello delle piramidi di Giza.
Nel seguito consideriamo una possibile relazione fra Marte e Orione, associabile ad un evento speciale nella storia di Marte e della Terra, e delle tre piramidi di Giza.
La parola Orione, in greco Orion con la omega iniziale, ha un etimo inatteso. Stando al citato Dizionario Etimologico Ottorino Pianigiani, è associabile alle seguenti parole:
celtico URIA = pioggia (anche francese orage; italiano uragano?)
sanscrito UR = acqua, con varianti VARA = pioggia, VARUNA = dio delle acque e… ORINA, acqua che anch’essa scende dall’ alto, sebbene non da così alto come da nuvole.
Nella Biografia universale antica e moderna, del 1838, leggiamo anche un etimo dal greco ouroy = brina.
Gli etimi sopra dati, sulla cui correttezza non si può essere certi, non sembrano relazionabili né con il gigantesco cacciatore Orione, né con la costellazione dello stesso nome. Qui proponiamo che si riferissero ad un episodio speciale, unico e non ripetuto della vita di Marte interagente con la Terra, e che le altre più note connotazioni siano state sviluppate in seguito per trasposizione di nomi.
L’episodio della storia di Marte è quello considerato da Ackerman (2001), dove è descritta la perdita del nucleo di Marte, che fuoriesce dal Valles Marineris (lingam che esce dalla yoni, evento la cui relazione con l’anatomia umana è parziale ed incorretta ) e diventa il pianeta Mercurio. L’evento avviene, sulla base di tre motivazioni che saranno presentate altrove, nel 3161 AC, data diversa da quella proposta da Ackerman. Evento che porta al Diluvio Biblico, caratterizzato da due fenomeni forse mai spiegati in modo soddisfacente: l’apertura delle fontane del profondo e delle fontane dell’alto.
Le fontane del profondo sono aperture nella crosta oceanica, il cui spessore è di pochi km, con emergenza di magma e corrispondente evaporazione di acqua con piogge calde. Le fontane dell’alto sono l’acqua proveniente da Marte, che con la perdita del nucleo perde anche le acque dei suoi oceani, attratte dal nucleo ed in parte riversatesi sulla terra. Acque che danne le piogge associate ad Orione nella sua etimologia. Acque dall’alto, e forse anche colorate dalla polvere marziana, e quindi assimilabili all’orina, il cui colore non è sempre limpido.
Il pianeta Marte che fa arrivare acque dall’alto potrebbe quindi essere, nella tradizione greca, il mitico Orione. Se tale tradizione abbia una significativa corrispondenza in ambito egizio va al di là di queste note, che sono del tutto preliminari.
Cessato l’evento, la memoria potrebbe essere stata trasferita alla costellazione ora chiamata Orione, sulla quale forse transitava Marte al momento della perdita del nucleo e dello scatenamento del diluvio universale. Lasciamo a studio ulteriore la derivazione di Orione come grande cacciatore. Notiamo solo che un mito associa la caduta di Orione con un suo sdoppiamento, forse Marte che perdendo il nucleo subisce in un certo senso uno sdoppiamento.
Ringraziamenti
Per osservazioni e informazioni ringrazio Luigi Lehnus, Michele Manher, Giuseppe Marinoni, Rosario Vieni, e specialmente Anna Bacchi, cui devo anche varie immagini in questo lavoro. Ad Alfredo Benni è dovuta la prima messa in internet di questo lavoro.
Bibliografia
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